Tra le migliaia di parole pronunciate in queste ultime settimane rispetto a ciò che sta succedendo in Italia e nel mondo abbiamo deciso di scegliere queste di Ivo Lizzola – Professore di Pedagogia sociale e di Pedagogia della marginalità e della devianza presso l’Università degli Studi di Bergamo. Parole in cui ci riconosciamo e identifichiamo completamente.
Intervista a Ivo Vizzola, Università degli Studi di Bergamo. Alla ricerca di un senso a questi giorni
L’incertezza ci è entrata dentro, prima ci preoccupavamo del progetto e della previsione sul futuro, del possibile e del controllo. Affaccendati per assicurarlo, svilupparlo, sperimentare innovazioni, nuovi incontri. C’era scontatezza, diritto, merito, per alcuni anche successo … Vita dalle emozioni e dalle novità… scontate. Era il mio tempo, il futuro mio, frutto delle mie avventure e delle mie intenzionalità.
Bastava non stare troppo vicini alle realtà umane e sociali dove non si può che provare a vivere, nei margini e nei vuoti dei paesaggi interiori, nelle fratture esistenziali: l’illusione per molti era servita.
Ma la vita è precaria, flottant scriveva Paul Ricoeur, incerta e titubante. Ci si trova in vita prima d’ogni esercizio di volontà. E in una “certa necessità di esistere“ – scrive il filosofo. Ma la vita “poi sfugge, si sottrae al controllo”: non si regna su di essa”. Sí, occorre continuare a volerla, sceglierla, la si deve curare, coltivare, anche se poi, in qualche modo, ti lascia.
Stanno morendo tanti anziani e tanti grandi anziani. Le memorie, le continuità di tante storie locali, a volte la tenuta delle relazioni. Muoiono tante donne e tanti uomini comunitari, volontari, persone cariche di saperi e racconti. Testimoni.
Dentro le “zone del rispetto” di questa inedita distanza-vicinanza, la cura di sé è cura dell’altro: qui resistono fili di senso, di sogni buoni, di dignità, di giustizia, di gratuità fraterna. Certo nulla ci garantisce che domani sperdimento, rescissione delle radici, cattive nostalgie, ricerca di nuovi idoli rilegittimino l’esercizio della forza tra le donne e gli uomini. Ma ricordiamo le parole di Simone Weil: “ Sembra di trovarsi in un impasse da cui l’umanità possa uscire solo con un miracolo. Ma la vita umana è fatta di miracoli”.
Tante e tanti si chinano, a volte intervenendo e più spesso impotenti tenendo viva una danza di sguardi più che di tocchi e carezze. “Eppure ho già visto tanta sofferenza in passato – mi dice Beppe, un amico medico – ma è come non avessi mai vissuto… qui c’è silenzio, ci si guarda”. Tenerci negli occhi: uno a uno, una a una. Come salvare il nome proprio di ognuno.
Il dono, la gratuità sono dimensioni proprie d’ogni gesto nostro, nella professione, sul lavoro, a casa, negli incontri, nel gioco … lí o ci offriamo o ci serbiamo solo per noi stessi, per la nostra recita. La prossimità e la cura sono degli umili, dei debitori, dei provati; sono dimensioni di donne e uomini non innocenti, non perfetti, solo riconoscenti.

È stato recentemente pubblicato (da Castelvecchi) un piccolo testo di Walter Benjamin Esperienza e povertà. È utile per un tempo in cui riuscire così a cominciare da capo, cominciare dal nuovo; a cavarsela con poco, a costruire dal poco, mentre i saperi di prima o toccano il limite o si rivelano futili, se non menzogneri.
Occorrerà, in qualche modo, forse “liberarsi dalle esperienze” quelle ricche, che parevano solidi edifici che tutto spiegavano e garantivano (anche le ingiustizie, i cinismi e le disponibilità) per provare a creare una vita comune in cui fare risaltare una certa povertà ”quella esteriore e alla fine anche interiore, con tanta purezza e nitore che ne esca fuori qualcosa di decente”.
Donne e uomini che sentono “un’esistenza che in ogni piega basta a se stessa, nella maniera più semplice”. Dall’indigenza – toccata nella soffocante ricchezza di cose e opportunità e disponibilità per alcuni, nell’esclusione di molti – alla “povertà” di nuove narrazioni, di inizialità essenziali perché capaci di serbare il cuore di consegne antiche e la cura per il futuro di altri. In un esodo esigente, dai cammini non scontati.
C’è chi ha evocato l’inevitabilità di una certa “selezione naturale” dei fragili, dei vecchi, dei disabili. Che spesso sono anche poveri e marginali. Usando toni che Julia Kristeva definirebbe da “derattizzatori del terzo millennio”, nuovi promotori del merito, della eccellenza, del vitalismo, della purezza.
C’è anche chi ha ripreso le immagini del “flagello di Dio”, della punizione e del castigo, della purificazione: il resto dei perfetti resterà intoccato. I messianismi capovolti che tante vittime hanno già fatto si appropriano del virus.
Ma l’umanità ha già mostrato, anche attraversando catastrofi, che ha reagito alla logica della selezione naturale con la fraternità e la pietà, quella feriale e semplice dei tanti operatori sanitari e della cura oggi. Una umanità che alla sofferenza dura e “ingiusta” accosta la attenzione alle vittime, anche degli altri, lontana. Nel tempo della paura e dell’angoscia non emergono solo le tensioni fraterne e solidali. Nell’emergenza sembrano cavarsela meglio gli indifferenti, ci dicono gli antropologi e gli psicologi delle crisi.
La stessa Zambrano in “L’agonia dell’Europa” , annota che “ogni disastro consente alla gente di manifestarsi nella sua cruda realtà: è strumento di rivelazione”. Rivela anche la forza del risentimento, della separazione dall’altro. Eppure da lì si svela anche come l’uomo (e lei parla proprio dell’uomo europeo) sia una creatura a cui non basta nascere una sola volta: può, anzi “ha bisogno di essere riconcepito” la speranza è “il suo fondo ultimo”, la nuova nascita.
Per un’educazione all’attenzione.
Dobbiamo ancora pensare, sentire l’esperienza che la vita sta disegnando dentro di noi, tra noi, del nostro tempo. Fare attenzione, dobbiamo fare attenzione: “l’educazione all’attenzione è la cosa più importante” scriveva Simone Weil; e ancora “che cos’è la cultura? Educazione all’attenzione” Anzitutto attenzione allo sventurato.”
Ci sono esperienze che possono essere risvegli. Esperienze limite, immaginali e di scelta, di intuizione conoscitiva e di conversione, e durano un passaggio. Per aprire un nuovo inizio quel passaggio deve diventare una soglia, che introduca a un nuovo viaggio, sorretti dalla speranza in una “ulteriorità”, in un nuovo inizio.
Intervista completa su Confini Rainews.it
Alla ricerca di un senso a questi giorni. Intervista a Ivo Lizzola – Professore di Pedagogia sociale e di Pedagogia della marginalità e della devianza presso l’Università degli Studi di Bergamo.
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