Ore 6.30 di mattina, prima domenica d’inverno. Solstizio. Oggi è il giorno più corto dell’anno. E’ ancora completamente buio come se fosse notte fonda. Apro la finestra per sentire se fa freddo. Per niente. Il telefono dice 9 gradi. Non prendo neanche la giacca a vento, esco in felpa a camminare. Il mattino presto è il mio momento preferito inoltre è domenica quindi non c’è proprio nessuno in giro. Mi fermo per un caffè davanti ai bastioni di Porta Venezia. In Corso Buenos Aires non si vedono macchine ma ci sono tante luci e lucine sospese sulla strada e intorno alle vetrine a creare una sorta di atmosfera natalizia. Davanti al bar c’è un’installazione: una specie di ragno gigante in mezzo a ruote di bicicletta e macerie che pubblicizza l’uscita su Netflix di “The Witcher” , la serie tratta dall’omonimo romanzo e videogame. Scorrono veloci le vetrine di Corso Venezia allestite a regola d’arte. Qui c’è anche quella di Dolce&Gabbana che come sempre mi causa un po’ di fastidio. E’ la sagra del kitsch.
In corso Vittorio Emanuele II luci e vetrine fanno a pugni coi cartoni e i sacchi a pelo dei molti senzatetto che sotto i portici trovano un po’ di riparo. Il contrasto è forte. Il lusso di imperi economici di ammalianti marchi della moda a fare da scenografia alla miseria di poveri disgraziati accasciati per terra e avvolti in coperte di fortuna e stracci. Qualche cartone come giaciglio. Eccoli i Gesù Bambini: abbandonati e soli. Lasciati lì, dimenticati dal mondo. E’ quasi Natale. E’ tempo di comprare i regali nei santuari della moda e di celebrare il rito della nascita di un bambino in una mangiatoia. Il letto di paglia. Riscaldamento? Il calore prodotto dal fiato di due animali. E’ il momento di celebrare l’umiltà e la precarietà della vita con l’opulenza, consumando il più possibile.
Via Torino, Colonne di San Lorenzo, Corso di Porta Ticinese, Darsena, Alzaia Naviglio Grande. Camminando si notano le piccole variazioni dell’ambiente in cui ci si muove, particolari che sfuggirebbero altrimenti. Ad esempio una strada, un ponte o un angolo che fanno da confine naturale tra luoghi prossimi ma differenti. Si percepiscono i punti esatti in cui inizia un cambiamento. Ripa di Porta Ticinese, un ponticello carrabile che unisce le due sponde del Naviglio Grande, è proprio uno di questi. E’ il confine tra l’Alzaia dei pub, dei ristoranti e della movida con l’Alzaia residenziale fatta di palazzine perlopiù semplici, officine, negozi comuni di quartiere, qualche edificio storico memoria di un tempo. E’ stata un’arteria importante di traffici commerciali il Naviglio e di contrabbando al tempo stesso. L’urbanizzazione e il tessuto sociale cresciuto intorno ha tratto i suoi caratteri dalla vita su questo corso d’acqua. Si sente odore di fiume misto a quello di sapone. Oltrepasso la Chiesa di San Cristoforo e mi spingo un po’ oltre, là dove la città inizia a degradare, dove si preannunciano tracce di campagna e si vedono resti di cascinali. All’orizzonte quattro enormi palazzoni di vetro colonizzano una nuova periferia. Trovo un bar aperto per un caffè. Sono sempre a Milano ma anche in un altro luogo che ha davanti un corso d’acqua. Mi scaldo un po’ le mani e ascolto le chiacchere dei primi avventori della domenica mattina: storie semplici e popolari. E’ ormai chiaro, accenni di luce obliqua donano colori pastello al paesaggio lasciando tracce d’ombra. Forse prendo un tram per tornare. Anzi no, faccio altri due passi.
Gianluca Brescia
Belle osservazioni. Volevo solo segnalarti che alla Ripa di Porta Ticinese scorre il Naviglio Grande ?
Daniele Ceddia
Grazie per la segnalazione e scusa se ti rispondo solo ora, mi era sfuggito il messaggio 🙂