[19 luglio 2018 – 21° giorno] Percorsi oggi: 5 Km, in totale: 483.1 Km
+ 32 Km in barca
Il simpatico frate ci dice che le nostre camere sono esattamente sopra un cimitero. La leggenda racconta che di notte le anime dei defunti si rechino dai vivi per portali con loro nell’oltretomba
19 luglio 2018
Stamattina alzarsi è dura: la sveglia è alle 5:45 perché alle 7 abbiamo il traghetto per recarci a Herbón, dove alloggeremo in un convento famoso per l’ospitalità ai pellegrini che risale al Medioevo. Usciamo dall’hotel che è ancora buio, le strade deserte sono illuminate dalla calda luce dei lampioni. Ci muoviamo in una cittadina addormentata e pure io non posso dirmi tanto sveglia. Arriviamo all’imbarco del traghetto e là troviamo un gruppo di altri pellegrini. Parliamo tutti poco, siamo ancora abbastanza intorpiditi.
Poi arriva il nostro amico polacco, Jarek, che ci sveglia con un saluto squillante e il suo sorriso aperto. È sempre allegro Jarek, la classica persona che mette buonumore. Durante il viaggio per mare, che dura circa un’ora, uno dei traghettatori ci parla della pesca dei muscoli che si svolge in questa zona. Parla in spagnolo e Daniele traduce in inglese per tutti. Mi sa che sarà lui a fornirvi informazioni. Scambio due chiacchiere con Emma, una parigina diciannovenne. Mi colpisce perché è molto bella e perché ritrovo, in alcune cose di cui parla, il mio pensiero. Le chiedo perché ha deciso di intraprendere il Cammino (da sola, oltretutto) ed Emma risponde che, mentre i suoi coetanei durante le vacanze desiderano solo fare “festa”, lei ama la solitudine e la meditazione. Non dev’essere facile avere diciannove anni ed essere così…speciale. Mi immagino che Emma talvolta possa sentirsi molto sola.
Arriviamo a Herbón e ci fermiamo in un bar a fare colazione. Siamo io e Daniele, italiani, Emma la francese, Jarek il polacco, uno spagnolo di nome José e un ungherese di nome Peter. Mi sembra di essere tornata ai tempi dell’Erasmus in Inghilterra, quando mi ritrovavo a familiarizzare piacevolmente con gente che proveniva da tutto il mondo. Con i pellegrini si entra subito in confidenza, però con quelli stranieri c’è sempre difficoltà a comunicare. Io parlo inglese abbastanza bene, ma non poter usare la propria lingua madre per me è decisamente frustrante. Mi pare di esprimermi rozzamente, di non riuscire a rendere tutte le sfumature del pensiero. Fortunatamente c’è anche un linguaggio universale, fatto di tutto ciò che va oltre le parole, che permette di sentirsi vicini anche a persone che vengono da molto lontano. Dopo la pausa bar andiamo tutti assieme all’ufficio del turismo per ritirare il primo dei vari attestati “da pellegrini” che riceveremo, poi ognuno prende la sua strada.
Io e Daniele camminiamo 5 km, facciamo una breve sosta in un piccolo ma magnifico orto botanico e verso mezzogiorno raggiungiamo il convento, che però apre alle 16. Così ci mettiamo in un giardino là davanti, mangiamo il cibo che ci siamo portati dietro e riposiamo. Finalmente arrivano le 16, ci viene assegnata la nostra stanzetta e alle 18 uno dei frati ci porta in giro per il monastero e per il giardino, narrandoci la storia di quel luogo.
Con un briciolo di bonario sadismo, il simpatico frate ci dice che le nostre camere sono esattamente sopra un cimitero. La leggenda racconta che di notte le anime dei defunti si recano dai vivi e, afferrandoli per mano, li spediscono nell’oltretomba al loro posto. Spero che stanotte a Daniele non salti in mente di prendermi la mano. Alle 20 messa e benedizione dei pellegrini, poi alle 20:30 si cena tutti assieme. Si mangia quel che passa il convento e devo dire che questo è stato uno dei pasti più deliziosi del Cammino!
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